Radici, identità e confronto
Raccogliere testimonianze e preservare la memoria, che costituisce la mission del progetto che si espone in queste pagine digitali, si collega evidentemente al tema dell’identità. E’ d’obbligo, dunque, precisare, che l’identità e le radici che si vogliono custodire – come fa il pastore con il suo gregge, per usare l’immagine cara ad Heidegger – non sono quelle che dividono ma quelle che si aprono al confronto e all’integrazione.
La storia di un territorio, nella sua accezione più ampia, dalla cultura materiale alla letteratura, dalla vita quotidiana agli eventi più significativi, costituisce il fondamento, la sostanza di un’identità condivisa che appartiene ad un gruppo umano che nasce, si forma e agisce in un territorio definito. Un gruppo umano che tramanda di generazione in generazione i temi, i valori, la prospettiva che gli appartiene.
La nostra identità costituita di storia e di cultura rappresenta il patrimonio irrinunciabile che ci appartiene e del quale possiamo disporre non per stabilire confini, limiti, appartenenze ma per costituire, al contrario, il più formidabile strumento della relazione con il mondo dell’altro, delle diverse culture, quelle prossime e quelle lontane, ognuna con i propri geni e i propri caratteri. Le radici, che affondano nel passato ma guardano al futuro, sono per noi come una formidabile moneta di scambio che ci consente di tessere confronti e relazioni, di avviare traffici e commerci, di crescere altre ricchezze. Nel segno dell’apertura, mai della chiusura, nel segno della consapevolezza critica, mai nella presunzione del primato.
Una prospettiva dal basso
La storia che si vuole esporre è la storia della gente, degli uomini comuni, dei fatti modesti, delle piccole vicende, dei fatti domestici, dei microeventi destinati a non lasciare tracce. Quella storia che viene dal basso, che espone lo scrigno autentico del vissuto, che indaga le motivazioni, le visioni, le attese, le prospettive del quotidiano e che non sono meno importanti dei fatti e degli eventi che siamo indotti, per consuetudini e per formazione, a considerare storici tout court. Facendo emergere questi protagonisti nelle testimonianze orali o nei frammenti che talvolta si riesce a individuare nelle fonti tradizionali o nelle rappresentazioni letterarie.
Il metodo “Vincent”
Significa il metodo “Vincent” (alludendo alla tecnica pittorica di Van Gogh ma anche di altra pittura moderna) che la scelta dei piccoli eventi da accostare tra loro, l’attenzione ai particolari, alle microstorie, è mirata a dar luogo, se la scelta è consapevole e ragionata, a una rappresentazione in grado di dar conto dell’insieme. L’intento non è, dunque, quello di dare spazio a episodi curiosi, di attrarre con particolari che solleticano le attenzioni, di mostrare fatti che portano insegnamenti morali ma quello di raggiungere una conoscenza complessiva, a definire un quadro generale, partendo dall’ accostamento dei frammenti, come fa la pittura.