Alcune informazioni generali
Se è difficile reperire i testi dei canti tradizionali, ancor più è difficile trovarne lo spartito musicale o anche semplici testimonianze vocali. Per questo è tanto più meritevole la ricerca intrapresa da Roberto Tombesi e dal suo Gruppo — i “Calicanto” — per portare alla luce le ormai esigue testimonianze di tale patrimonio locale che sembrerebbe essere stato cospicuo, almeno a giudicare da quanto riferito da :
Bertolini A., All’insegna di strapaese. Le “cante” degli Euganei, “Le Tre Venezie”, 5 (1929), n. 5, p. 41-44, dove si fa anche riferimento alle cante collettive, da sempre gran passione delle genti euganee, ed alla tradizione rifiorita a Zovon di Vò, anche per l’appassionato lavoro — si dice – di Franco Mantovani, cultore del folklore pavano. Si parla della Rassegna di costumi italici di Venezia del 1928 alla quale parteciparono i canterini di Zovon con particolare successo. Ciò fu da stimolo perché fiorissero gruppi analoghi ad Arquà, Boccon, Carbonara, Rovolon e perché il Dopolavoro indicesse nel 1929 la prima sagra di cante ad Arquà Petrarca, coll’intento di dare massimo sviluppo alle tradizioni, perché con un po’ di poesia nel cuore anche il contadino che rudemente si travaglia sul solco debba sentir meno grave la sua fatica, si conclude.
Del successo dei musici di Zovon abbiamo riscontro anche in:
Opera Nazionale Dopolavoro, Costumi musica danze e feste popolari Italiane, Roma 1935, in cui a proposito del Raduno di Venezia si riporta una foto che rappresenta appunto il gruppo di Zovon nel costume tradizionale (p. 131).
Un recente convegno dedicato a Il canto popolare nelle Venezie. Coralità ed esperienze comunitarie è stato organizzato dalla Giunta Regionale del Veneto e dalla Fondazione Giorgio Cini su iniziativa del Comitato Scientifico per la Collana di Studi e Ricerche sulla Cultura Popolare Veneta. Gli atti sono ospitati in “Notiziario Bibliografico. Periodico della Giunta Regionale del Veneto”, 2003, n. 43, p. 5-53.
Una bibliografia di base
Una bibliografia di base, essenziale, può essere individuata nei seguenti contributi:
Palmieri E., Poesie, Venezia 1950.
Dazzi M., La lirica popolare, Venezia 1959.
Dalla Valle M.- Pinna G., Dalla Furlana al Valzer, Minelliana 1988.
Sempre in area veneta merita segnalazione il grande lavoro di raccolta di testi e trascrizioni musicali (con allegata una cassetta con le registrazioni) inserite in
Civiltà rurale di una valle veneta. La Val Leogra, Vicenza 1976.
Raccoglie 15 canti (con testi e musiche) in un’osteria di Piavon — Oderzo (TV):
Bernardi U., Abecedario dei villani. Un universo contadino veneto, Treviso 1981.
Lo stesso studioso riporta anche diverse canzoni in:
Bernardi U., Reverenti memorie sul signor Pan e la illustrissima Signora Polenta, Venezia 1989.
Circa un centinaio di ande e cante contadine sono raccolte nel volume II. Il giro del torototela in
Coltro D., Paese perduto. La cultura dei contadini veneti, Verona 1975-78, 4 voll.
Più articolata e corposa la raccolta di circa 600 canti e musiche popolari, con notevole bibliografia specifica per ogni testo:
Coltro D., Cante e cantàri. La vita il lavoro le feste nel canto veneto di tradizione orale, Venezia 1988.
Il testo più interessante e documentato resta:
Cornoldi A., Ande, bali e cante del Veneto, Padova 1968. Una riedizione del grande lavoro del Cornoldi (1902-1973), illustre studioso delle tradizioni popolari, è stata curata dalla Regione Veneto e dalla Minelliana nel 2002, completato da una ricca bibliografia.
Numerosi reperti della cultura popolare troviamo nei lavori del Bernoni relativi all’ambiente veneziano e ristampati da qualche decennio:
Bernoni D. G., Canti popolari veneziani, Venezia 1970.
Dolce felice notte… I Sacri Canti di Giovanni Battista Miche (Tesero 1651-1699) e i canti di questua natalizio-epifanici nell’arco alpino, dal Concilio di Trento alla tradizione orale contemporanea, a cura di R. Morelli, Trento 2001, che contiene il contributo:
Brian M., Stelle e Novene. Due canti della raccolta Michi nelle province di Vicenza e Padova, p. 139-159.
Merita una consultazione anche il lavoro del noto medico veneziano Antonio Berti (1812-1879) che fu per qualche anno (fino al 1848) medico condotto a Teolo:
Berti A., Canti popolari scritti su temi di musica popolare raccolti da T. Zacco, Padova 1842, che riporta anche il testo musicale delle ariette raccolte.
Sull’importante tradizione degli organi, si veda:
Lunelli R., Studi e documenti di storia organaria veneta, Firenze 1973 (Studi di musica veneta, 3).
Sabatini A., L’arte degli organi nel Veneto: I Colli Euganei, Padova 2001.
Vale la pena consultare anche l’opera coprodotta dalla Regione del Veneto e dall’Istituto dell’Enciclopedia Italiana:
Canzoni da battello (1740-1750), a cura di S. Barcellona e G. Titton, introduzione di M., Cortellazzo e G. Morelli, Venezia — Roma 1990, 2. voll. (Cultura popolare veneta).
Seppur dedicata alla città di Venezia vale la pena consultare anche :
Pontremoli A. – La Rocca P., La danza a Venezia nel Rinascimento, Venezia Regione del Veneto — Vicenza 1993 (Cultura Popolare Veneta, Nuova serie, 2).
Dei canti popolari presenti nell’opera del Ruzzante e negli altri autori minori della letteratura pavana, si occupa:
Lovarini E., La canzoni popolari in Ruzzante e in altri scrittori alla pavana del secolo XVI, Bologna 1888. Estratto da “Propugnatore”, Nuova serie, vol. I, parte II, fasc. 2-3, p. 291-325.
Lovarini E., La canzoni popolari in Ruzzante e in altri scrittori alla pavana del secolo XVI. Aggiunte, Bologna 1888. Estratto da “Propugnatore”, Nuova serie, vol. I, parte II, fasc. 5-6, p. 367-395.
Una raccolta cinquecentesca di villotte “alla pavana”:
Varie Canzoni alla villotta in lingua pavana composte per gli virtuosi compagni al honor delle signorie vostre, S.l., s.d., (sec. XVI). Firenze 1913
I lavori di Roberto Tombesi
Son poi da segnalare i lavori di Roberto Tombesi da molti anni impegnato con il gruppo musicale “Calicanto” nella ricerca e nella rivisitazione del patrimonio musicale popolare:
Tombesi R.- Dalla Valle M.- Pinna G., Balè Saltè Putele. Appunti sulle danze popolari venete, allegato alla omonima musicassetta di “Calicanto”, Padova 1985.
Tombesi R.-Dalla Valle M.-Pinna G., Strumenti Musiche e Balli Tradizionali nel Veneto, Forni 1987 (una documentazione sistematica sulla produzione etnocoreutica e musicale del Polesine, Bellunese e l’Istria di lingua veneta).
Tombesi R., Gli Strumenti Musicali Popolari del Veneto, in Guida ai Dialetti Veneti IX, a cura di M. Cortellazzo, Padova 1988, p. 155-166.
Tombesi R.- Tesi R., L’Organetto Diatonico, Ancona 1993.
Tombesi R., La Tradizione Veneta in un Fiore. L’Esperienza del Gruppo Calicanto, in “Franco Italica”, 1997, n.12, p. 149-153.
Tombesi R., La Musica Tradizionale Polesana in relazione all’ambito adriatico: l’esperienza del Gruppo musicale Calicanto, in Etnografie Intorno al Polesine. Atti del XXIV Convegno di studi organizzato dall’Associazione Minelliana, Rovigo, Accademia dei Concordi 11-12 novembre 2000, Rovigo 2002, p. 293-299.
Da ultimo è stato pubblicato:
Calicanto, Isole senza mar. Musica e storie dei Colli Euganei, Ideazione e direzione artistica Roberto Tombesi, Este, Parco Regionale dei Colli Euganei, 2005.
Il volumetto — con inserto di CD musicale — propone il certosino lavoro del Gruppo “Calicanto” nella raccolta e rivisitazione del patrimonio musicale dei Colli che contiene preziosi riferimenti ai trovatori della Corte Estense, a Beatrice d’Este, a Petrarca, Shelley, al canto gregoriano, a rituali come il “batimarso” o le cante di questua, danze, ninne nanne.
Da segnalare l’interpretazione dei monaci di Praglia del brano “Galli cantu” che introduce il CD. Il volumetto conclude con una sintesi degli aspetti dei Colli di maggior impatto culturale.
In occasione del 1° Festival Regionale di Musica e Cultura Popolare Veneta di Rovigo si è svolto anche una tavola rotonda che ha visto la partecipazione di studiosi di etnografia dell’Università di Padova e di personaggi legati al territorio collinare come lo stesso direttore artistico del Festival, Roberto Tombesi:
Il patrimonio della musica popolare veneta tra tutela e innovazione, Atti della Tavola rotonda (Rovigo, Museo dei Grandi Fiumi, 5 settembre 2002), a cura di Mario Cavriani, Rovigo, Minelliana, 2003.
Opere specifiche sui Colli e il padovano
Lavori specifici per i Colli e territorio padovano.
Modesto per quantità, ma di grande valore il lavoro condotto sempre da Roberto Tombesi con i ragazzi della Scuola media Statale “Tito Livio” di Bresseo, Fossona e Montemerlo:
I Colli che cantano. Testi e musiche delle canzoni tradizionali euganee e breve silloge di altri brani raccolti, Teolo 1995.
L’opuscoletto raccoglie anche qualche fola come quella dea tosa senza man che manifesta delle assonanze con l’analoga favola riportata dal Grimm.
Specifico per i Colli si veda anche :
Bertolini A., All’insegna di strapaese. Le “cante” degli Euganei, “Le Tre Venezie”, 5 (1929), n. 5, p. 41-44, dove si fa anche riferimento alle cante collettive, da sempre gran passione delle genti euganee, ed alla tradizione rifiorita a Zovon di Vò anche per l’appassionato lavoro di Franco Mantovani, cultore del folklore pavano. Si parla della Rassegna di costumi italici di Venezia del 1928 alla quale parteciparono i canterini di Zovon. Del successo dei musici di Zovon nella rassegna, abbiamo riscontro anche in:
Opera Nazionale Dopolavoro, Costumi musica danze e feste popolari Italiane, Roma 1935, in cui a proposito del Raduno di Venezia si riporta una foto che rappresenta, appunto, il gruppo di Zovon nel costume tradizionale (p. 131).
Una scelta di filastrocche infantili raccolte in Polesine e in provincia di Padova, ci viene proposta da:
Corrain Cl. — Zampini P., Filastrocche della Bassa Padana, in La letteratura popolare nella valle padana. Atti del III convegno di studi sul folklore padano, Firenze 1972, p. 223-260.
Filastrocche padovane sono raccolte in:
Gandini L., Ambarabà. Un’antologia di filastrocche popolari, Milano 1979.
Giannini G. — Belloni, Canti popolari padovani, (con musica) “Rivista delle Tradizioni popolari”, 1 (1984).
Giannini G. — Belloni A., Canti popolari padovani (con musica), “Archivio per lo studio delle tradizioni popolari”, 11 (1892), p. 154-173, che raccoglie canti e giochi fanciulleschi, amorosi e satirici, canzoni epico narrative e scherzi materni.
Fabris G., Canti popolari religiosi della diocesi di Padova, “Atti e Memorie della R. Accademia di scienze lettere ed arti in Padova, 38 (1921-22), p. 226-266. Anche in volume: Padova 1922.
Qualche elemento più specifico dei Colli troviamo in:
Callegari A., Usi e costumi degli Euganei, Estratto dagli Atti del IV Congresso Nazionale di Arti e Tradizioni Popolari. Venezia – Settembre 1940, Udine 1943, p. 3-12.
Da segnalare inoltre:
Bolzonella M., Invito ai Colli Euganei, Este 1976, che riporta anche leggende e canti popolari (p. 107-113).
Padoan Tecchio M. — Montin D., Squarci di vita. Este ed il suo mandamento fra storia e folklore, Padova 1977, che contiene il capitolo Cante e proverbi veneti della zona, p. 283-290.
Sul ballo e le danze popolari
Sul ballo e le danze popolari
Sulla “vilota” cioè sulle canzoni cantate e ballate dai villani, ossia dalla gente del contado del Veneto, quasi contraltare alla poesia cittadinesca di fronte alla rozzezza campagnola, si veda:
Fantelli G. E., La “vilota” veneta, “Padova e la sua provincia”, 17 (1971), n.s., n. 12, p. 6-11.
Sulla questione del ballo, si veda anche:
Simeon Zuccolo da Bologna, La Pazzia del Ballo, Padova 1549 e
Calendoli G., La “pazzia del ballo” nella Padova del Cinquecento, “Padova e il suo territorio”, 1 (1986), n. 3, p. 8-13.
Sulla figura di una Z(G)iralda ballerina, descrivendone le abilità e i modi del ballo, si veda:
Morello G., Le Lalde, e Le sbampuorie della unica e virtuosa Ziralda Ballarina e saltarina scaltrietta Pavana…, Venezia 1553. In questa lettera il sacerdote Giacomo Morello tesse le lodi di una ballerina e ne descrive le virtù morali, le qualità artistiche e l’avvenenza fisica (anche per controbattere le rampogne dello Zuccolo, che si era scagliato contro questo itinerario verso la perdizione all’insegna del vino, allegrezza e musica). Egli descrive anche le modalità del ballo da cui si evince il progredire della “Pavana” da ballo compassato e basso — cioè dove il piede non si stacca dal terreno — a ballo saltato. Della Giralda, dunque, il Morello loda la leggerezza, la capacità di elevazione — a la ho vizua anare tanto in su che ho habìo paura che la bampa del sole no gli impigie i cavigi e le cotole e che la tornasse po zò brustolò che la somegiasse una piegora mal toserà — e quell’affrettarsi con le punte dei piedi (spessegare con le ponte di piè) che viene descritto con una splendida immagine di ambito gastronomico: Haiu me vezù una delle nostre femene a tagiare lasagnette in priesia? Mo ben così fa ella co i so piè. Sul tema riprende:
Lovarini E., Una ballerina del Cinquecento, “Vita Nova”, 2 (1890), n. 10, 9 marzo 1890.
Sull’indignazione dei moralisti ritorna Cesare Musatti a proposito del modo gergale “butarla in padoana” per riferirla, appunto, al ballo detto la pavana o padovana:
Musatti C., “Butarla in padoana”. Modo storico veneziano, Torino 1905, Estratto da “Archivio per le Tradizioni popolari”, 22 (1905), p. 1-3.
Contiene molti riferimenti anche agli strumenti popolari:
Alla scoperta dei suoni perduti. Canti suoni e musiche antiche. Atti del Convegno tenuto a CastelBrando di Cison di Valmarino nel settembre 2003¸ Regione del Veneto 2003 (Collana di studi in Castelbrando, 10).
Molti riferimenti ai Colli contiene anche:
Giorato S., La “pazzia” del ballo : l’esperienza visiva, etica ed estetica del ballo in cent’anni della Difesa del popolo, Padova, Euganea editoriale, c2008.
Sulla questione del ballo detto la pavana interviene il grande studioso veronese Luigi Messedaglia:
Messedaglia L., La pavana: danza non spagnola, ma padovana, “Memorie dell’Accademia di agraria, scienze e lettere di Verona”, 1944, p. 91-103. Più volte nominata dal Folengo e dal Ruzante, il Messedaglia chiama in causa la testimonianza del Calmo, che menziona nelle sue Lettere, tra i balli il padoan, la padoana de mazza porco, la padoana; ed il Rossi, nell’appendice Balli e canzoni del secolo XVI, alla sua edizione delle Lettere, scrivendo nel 1888, definisce amena l’opinione dell’etimologia di pavana da pavo, pavone. Per lui è evidente che la pavana trae origine dal nome della città (Padova) dove ebbe origine o dove fu più in auge. Si veda i passi in cui il Calmo cita i balli:
Calmo A, Lettere, ed. V. Rossi, Torino 1888, p. 232, 293, 328, 419-420; nell’Appendice III, Balli e canzoni del secolo XVI, il Rossi riporta in parte le rarissime canzoni, da cui veniva accompagnata e sostiene che nel XVI secolo il ballo ebbe grande fortuna tanto da essere nominato di frequente da molti scrittori del tempo, tra i quali il Folengo e il Ruzante.
Il Messedaglia prende in esame anche la teoria di coloro i quali sostengono che l’origine del nome non derivi dall’abbreviazione di padovana, ma dai movimenti della ballerina, imitanti quelli del pavone nel suo lento incedere quando fa la ruota, come nel contributo proposto da:
Momenti P., La storia di Venezia nella vita privata, II, Bergamo 1911, p. 437.
Ma a sostegno della sua tesi che indica l’origine locale del famoso ballo, che passò solo in seguito nella Spagna per tornare in Italia aristocratizzato, il Messedaglia cita anche il prezioso contributo di uno studioso francese:
Mortier A., Étymologie de “Pavane”, “Le française moderne” 4 (1936), p. 255-259 e in gran conto si tiene anche l’opera di Giovanni Ambrogio Dalza:
Dalza G. A., Intavolatura, 1508 (opera citata anche: Pavana alla veneziana, cioè danza padovana scritta secondo il sistema dei musicisti di Venezia, Petrucci 1508).
Alcuni passi al ballo sono dedicati anche da:
Musatti E., Padova e i padovani, Verona 1880.
Assomiglia alla “pavana” un’altro antico ballo popolare storico — la furlana — che sarà soppiantato dai nuovi balli mondani, come il Walzer, la Polka, la Quadriglia che da Vienna si propagarono in tutta Europa. A risvegliare interesse sulla furlana bastò una ingenua frase pronunciata nel carnevale del 1914 dal pontefice Pio X. “Io mi rammento che, quando ero a Venezia, si ballava la Furlana una danza piena di grazia e cortesia”. Si veda:
Cornoldi A., Nuovi contributi per risolvere il problema della furlana veneziana nella sua espressione coreografica e musicale, “Lares”, 34 (1968), fasc. 3-4.
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Sulle bande musicali
Sulle Bande musicali e sulle loro vicende, si veda:
Golin A., Carrellata storica sulla Banda musicale. Con particolare riferimento ai complessi bandistici di Vicenza, Schio, Bassano, Padova e Carmignano di Brenta, Padova 1981 (Documenti e storia).
Mauli G. – Vicentini D., Veneto Bandistico, Verona 1985, promosso dall’Associazione ANBIMA con un breve cenno storico sull’origine e l’evoluzione delle Bande e un repertorio, provincia per provincia, delle Bande in attività con notizie essenziali sull’organico e la storia.
Sui cento anni di vita di una Banda dei Colli Euganei, si veda:
Giorato S. (a cura di), La Banda di Teolo. 1903-2003. Cento anni di storia, Teolo 2003.
Per restare nell’ambito dei repertori bandistici si segnalano gli inni promossi dall’Azienda di Cura e dall’Associazione Albergatori di Abano e Montegrotto Terme:
Nespoli G., Inno ai Colli Euganei, San Piero Montagnon, Abano in festa, Padova 1980, tre inni in versione italiana e dialettale (di Licia Oliosi) con spartito musicale dello stesso Giacomo Nespoli. L’Inno ai Colli Euganei è stato inciso su disco 45 giri cantato dal coro Arrigo Boito di Padova e faceva parte del repertorio della banda dei Colli Euganei con l’istrumentazione del M° Gianni Espen. (Ringrazio la collega Sandra Busolin per la preziosa segnalazione).