Il flagello delle brentane che impedivano perfino di seppellire i morti
Il flagello delle brentane si protrasse fino alla fine del XIX secolo; il fenomeno venne registrato con attenzione da parte dei sacerdoti di Tencarola nel registro dei morti. Le “brentane” oltre ad allagare le campagne, invadevano le strade costringendo la popolazione all’uso di barche per spostamenti. Anche il cimitero era esposto alle continue inondazioni rendendo difficoltosa la sepoltura dei cadaveri. Significativo il caso della sepoltura, in data 12 nov. 1680, di Giovanni Marin il quale fu «in tempo di brentana grandissima sepelito in questo cemiterio ove fu in burchielo dalli homeni del comun condotto dopo esser stato tre giorni e tre notti insepolto». Travolgevano anche le povere abitazioni dei contadini come successe il 28 ott. 1684, quando Anzoletta, una bambina di 10 anni, venne a travolta e uccisa dalle rovine del casone dove abitava.
Le periodiche brentane del Bacchiglione avevano delle ripercussioni sui movimenti e sui traffici. Oltre ad allagare le campagne di Brentella e Tencarola, le acque inondavano le strade fin quasi a Praglia impedendo il transito con carri e cavalli. Il monastero di Praglia in certe stagioni non poteva usufruire dei propri mulini posti nel ponte di Tencarola. Verso il 1579 i monaci, per ovviare all’inconveniente, inviarono una supplica al consiglio dei dieci per la licenza di poter costruire due ruote di mulino sul Rialto (licenza concessa il 20 feb. 1580 ma contrastata da diversi proprietari confinanti).
morti: Le notizie riportate sono tratte da: Carla Frasson, Il Monastero di Praglia nel secolo XVI. Conduzione agraria e bonifiche. Tesi di laurea, Università di Padova, a. a. 1978-1979, pp. 144-145.
Rialto: idem, p. 149.