Con il mangiare ci si arrangiava

Testimonianze sull’alimentazione riferite al biennio di guerra 1943-1945

Le note sull’alimentazione riferita al periodo del conflitto mondiale espongono la duttilità dell’arrangiarsi, del procacciarsi le cose, unitamente alla capacità di adattarsi alle circostanze, di inventare soluzioni, di saper sopportare i disagi. E tanta solidarietà e una disponibilità a scambiarsi il necessario secondo il bisogno

I fondamentali: la polenta, il latte e il maiale e minestra di fagioli tutti i giorni

Come mangiare… tanta… tanta polenta avevamo, tante volte… che io cucinavo sette chili, che c’erano di quei paioli … avevamo finito quelli di rame… e non si trovava più e anche sarebbe stato tanto costoso il rame, no, a quel tempo là e l’hanno preso di ghisa e pesava tanto ‘sto paiolo e quando che io avevo fatto questa polenta… che l’ho rovesciata, c’era il nonno là e ha detto: ‘Guarda che rischio che hai corso’… perché non si fidava che io voltassi la polenta… tante robette, tante robette…e il latte lo avevamo in casa, per fortuna, sì, noi avevamo il latte in casa, avevamo la vacchetta, l’abbiamo allevata... el musseto …ma se no come mangiare minestra di fagioli tutti i giorni condita con il lardo e delle volte anche… perché maiale ne avevamo sempre poco, lo facevamo su in casa… perché il nonno era capace di fare i salami… sarebbe mio marito, no il nonno proprio, perché il nonno non aveva passione per fare quelle cose là… e allora così… si mangiava, insomma, noi non abbiamo proprio patito la fame, no, proprio no, perché guarda, o due tre fichi oppure una mela… perché quando ha cominciato ad andare a scuola, Francesco aveva dieci, undici anni … a quel tempo, finita la guerra insomma… gli davo una mela, se no gli davo… una robetta insomma, perché quando faceva ricreazione avevano qualcosa anche loro, non come adesso i pasticcini … Ecco, come mangiare ce la siamo cavati, non è che noi abbiamo sofferto il mangiare …

Concetta 1907

Le galline, le uova e le tagliatelle

… perché o dovevo fare le lasagne o le tagliatelle, perché soldi per comprare la pasta non si potevano averli sempre, sai… la facevo in casa... … . Abbiamo sempre allevato due o tre galline … e qualche pollastro anche, sai, non siamo stati privi … . Avevamo un po’ di terra e allora ci tenevamo anche due o tre galline … . Be’, insomma… ecco, così…”

Concetta 1907

Cosa farò questa sera?

La fame no, in qualche modo si faceva… ‘Cosa farò questa sera? Cosa farò domani?…’ Quelle focacce, se riuscivo magari ad avere o comprare un po’ di fichi, a mettere insieme… Mettevo anche un po’ di farina di frumento e farina bianca, un po’ di bicarbonato e scaldavo il focolare bene… Allora non avevo la cucina economica …

Concetta 1907

Il primo caffè che abbiamo visto in casa

Mi ricordo il primo caffè che è arrivato qua subito dopo… perché caffè non ce n’era. Non mi ricordo se fosse venuto dalla Svizzera, sempre di nascosto, di una quantità che era… da ridere, adesso non ci basta neanche per fare un caffè espresso, probabilmente, ma… una preparazione! L’argenteria non l’abbiamo tirata fuori perché… siccome io ero piccola, mia madre ha detto: ‘A lei niente, il caffè’, ‘E perché?’, ‘Perché non le piace…’. Non sapevo neanche che gusto avesse perché non l’avevo mai assaggiato! Così ne aveva eliminato uno! Comunque è stato il primo caffè che abbiamo visto in casa…

Elvira 1930

Facevamo il burro con la fiaschetta e andavamo a prendere il pane con la tessera

Non c’era niente, non trovavi né olio, non trovavi niente, niente. Burro ce lo facevamo noi perché c’era una vacchetta che aveva latte e allora raccoglievi la panna e mescolavi questa panna e facevi il burro, con un fiaschetto… e olio abbiamo imparato a farlo lo stesso con dei semi di zucca. Adesso non mi ricordo più come facevamo… […] e mangiare si mangiava male, quel pane nero che non riuscivi neanche a mandarlo giù… e polenta… non c’era niente da mangiare, sai…
E io la mattina presto andavo, finché era scuro, a prendere questo pane nero che te lo davano con la tessera, perché se non avevi la tessera non ti davano neanche un pezzettino di pane così…

Zenai 1920

Mio padre ha preso due capre

Ecco, quindi la vita si svolgeva ritirata. Mi ricordo che mio padre… io avevo appena finito di studiare, preso il diploma di geometra… non potevi andare da nessuna parte… ha preso due capre… io andavo su per il bosco a passeggio con le capre, però ci davano quel latte necessario, intanto, per poter tirare avanti, insomma...”.

Avevamo questo latte qui e poi avevamo quel misero… un etto e mezzo al giorno di pane fornito con le tessere annonarie e poi c’era… ecco, una cosa che in quel periodo là… c’era un collegamento di solidarietà con tutte le varie famiglie e quindi, quelli che uccidevano il maiale… […] C’era un aiuto dal punto di vista di scambiarci i generi, di aiutarci, di fronte a questa difficoltà enorme, naturalmente per la sopravvivenza, visto che non si poteva… i giovani non potevano guadagnare… e c’era chi aveva queste possibilità di aiutarci. Mi ricordo che c’era… io allora vivevo con mia zia, c’era mia zia lì, come donna di casa, che andava anche da queste famiglie… eventualmente noi… mio padre faceva un po’ di vino, loro ti davano un po’ di carne e altre cose… c’era una solidarietà encomiabile che io la ricordo… perché altrimenti… la vita era difficile per tutti…

RB 1924

Nel monastero non si stava male… ma ogni giorno c’erano 40 poveri alla porta

Ah, be’, cosa c’era da vendere! Deo gratias che ce n’era per noi. Orto l’abbiamo sempre tenuto, orto… Il forno, il forno del pane, legna... il forno a legna che c’è ancora, lo stanno restaurando. Allora il pane era una cosa preziosa per noi […]. Quando sono entrato io nel ‘37 c’erano ogni giorno quaranta poveri, alla porta e c’era una sala: […] si faceva il minestrone. Allora venivano e anche ne avanzavano, e allora se lo portavano a casa con i pentolini. […] Poveri della zona… poi un po’ alla volta, un po’ alla volta sono diminuiti. Li avevamo portati un po’ a S. Biagio, alle suore, lì, anche lì sono diminuiti… Poi adesso capita qualcheduno, là: adesso gli extracomunitari

“No, no, no, noi siamo stati bene. Bisogna dire… noi tenevamo allora tanto bestiame, le oche… oche, tacchini, galline, orto in gran quantità […]. Avevamo anche i maiali e le mucche in stalla, il latte, il latte non è mai mancato a noi. Sì, sì, ma il forno del pane… allora non c’erano mica cucine a gas, elettriche… cucine a carbone, le attrezzature adesso sono cambiate.

don Pietro 1920

Quando hai pane, latte e zucchero

Casa mia, per fortuna, non abbiamo mai patito la fame, però sempre misurato, perché bisognava… e allora ci faceva lo schissotto. […] Era dolce per modo di dire perché lo zucchero era anche quello razionato. Quindi, almeno per noi che crescevamo, avere almeno il pane… Mio papà mi ricordo che ha comprato una mucca, che noi non avevamo mai avuto, per avere il latte in casa, per avere il latte abbastanza… Quando hai latte e pane e zucchero, dicevano basta. E mia mamma non aveva pane e gli ha dato due uova, mi ricordo, e allora questa persona ha ringraziato, e mia mamma ha detto: ‘Quello di sicuro è un inglese’ […]”

Camilla 1924

Castagne lesse e il pane del’Impero

bisognava mangiare quel che c’era e una sera ricordo le castagne lesse … e il pane dell’Impero
con il mangiare ci si arrangiava in tanti modi, ecco. Perché importante era non patire la fame, capisci, ecco. Mi ricordo che già nei tempi in cui ero in collegio, prima del ’43, già c’era restrizione, ma le suore non so come facessero, riuscivano a intrufolarsi… anche perché lì adiacente al convitto, al collegio nostro, c’era la casa madre, no, di tutte le suore salesie […] Comunque noi la fame… non l’ho mai patita, ecco, però bisognava mangiare quello che c’era. Mi ricordo che una sera ci hanno dato delle castagne secche lesse: prova tu a mangiare castagne secche lesse… hanno quel dolciastro che non si riesce a mangiarle. E mi ricordo: ‘Madonna, non riesco a mandarle giù…’. E una mia amica vicina, me lo ricordo ancora, adesso siamo ancora amiche: ‘Stai buona, va là, che te le mangio io’. Me le ha mangiate lei, mi ricordo… Oppure pane, proprio… altro che l’integrale di adesso, era pesante, scuro, giallo a volte, si vede che ci mettevano farina di granoturco anche dentro, comunque a quell’età mangiavi tutto, era fame. Mi ricordo ancora però che, passando da Piazza Cavour, gli studenti a Padova […] avevano messo, mi ricordo… gli studenti… un cartello così al collo della statua. ‘Tu che hai lo stomaco di ferro, prova a mangiare questo pane dell’impero’: capisci, ecco, e avevano messo un pezzo di pane…

Camilla 1924

Sentivi sempre di vitelli che si rompevano le gambe

Carne quando si poteva trovarne, in macelleria qualche volta: ‘E’ arrivata la carne, c’è la carne’. E allora tutti correvano a prendersela. E chi aveva bestie in casa, bovini, non poteva ucciderli, doveva consegnarli. Anche il frumento, la farina, bisognava tutto consegnarlo all’ammasso, no… Oppure lasciavano un quantitativo alla famiglia e quello che era in più… e chi non lo consegnava era punibile […]. Oppure la vendeva anche per fare soldi… e allora sentivi sempre vitelli che si rompevano le gambe: era una maniera per… ecco… Dopo si faceva tesoro delle uova, di qualche pollo che avevamo in casa, chi si allevava qualche pollo. Da noi non tanti, ma in quel periodo là di più, perché il maiale… due maiali all’anno: almeno avevamo salami per un buon periodo. E dopo, l’olio che mancava… Mi ricordo una delle prime ripetizioni che ho fatto io: il papà di questa ragazzina era cuoco e mi ha pagato con tre quarti di litro, saranno stati, di olio. Oh!, mi pareva… hai capito? ero giovane, studente, ecco… E tante volte avevamo escogitato tante maniere, per esempio anche condire l’insalata… che non bastava, non bastava mai perché, insomma, burro non ce n’era, lo facevamo scremando il latte e sbattendo con un fiasco, con una fiaschetta, con una bottiglia un po’ panciuta, no, facevamo il burro. Quello era, non se ne trovava altro… Formaggio poco, poco niente. E mia mamma ha fatto anche il formaggio qualche volta, sì, quando avevamo latte in abbondanza. Mi ricordo che ha fatto anche il formaggio.

E mi ricordo quel sistema, non piaceva a nessuno, di prendere due o tre cucchiai di latte, poco olio, sale, pepe sbattuto, fatto una specie di pinzimonio e condita l’insalata così, ma non… Qualcuno addirittura scioglieva il lardo, ma capisci…

Camilla 1924

Allora c’era il famoso Sepral

Allora c’era il famoso Sepral, quelli che venivano per controllare le tessere, […] per controllare le tessere che aveva la gente, vedere se… Loro venivano dentro al mulino, si sedevano al tavolo, guardavano il registro. Per esempio, noialtri al mulino dovevamo avere dieci quintali di granoturco e loro controllavano i sacchetti, se erano a posto, se erano in più, se erano… perché, dopo, i famosi ‘superi di macinazione’… si chiamavano ‘superi di macinazione’… Quando noi macinavamo un quintale di granoturco, che avevamo il due per cento… perché macinando la roba cala, ha un calo… allora erano superi di macinazione. Una legge aveva imposto due chili di calo. Magari ne calava uno e uno che avanzavi era la famosa farina che io vendevo alla sera. E allora avevano messo per legge che portassimo i ‘superi’ al consorzio agrario… al consorzio agrario.

Mirko 1916

La maggior parte delle case aveva il maiale

La base principale, cioè la polenta e il pane... che erano le due cose principali… le avevamo in casa, le lavoravamo. Per il granoturco avevamo i cilindri e per il grano avevamo la mola. C’era la mola che macinava il grano. […] Carne quando c’era, ma la maggior parte delle case aveva il maiale. Andava ucciso il maiale e allora era quasi sempre carne insaccata, quasi tutto l’anno. Ma una volta ricordati che la base principale del mangiare era la polenta… perché io vado a trovare ancora qualche vecchio come me: ‘Se non c’era Mirko, mangiavamo poco durante la guerra’ perché, come ripeto, qualche chilo di roba la trovavano… […]. Ogni paese aveva la sua bottega e compravi solo roba tesserata. Per lo zucchero ci voleva un bollino, per altre cose sempre… c’era la tessera con i bollini.

Mirko 1916

Mia mamma biscottava il pane avanzato dai signori

una gran donna che non le dico perché si è ingegnata in tutti i modi. Pensi che ha preso una capra per darci il latte, non aveva neanche posto da metterla, non aveva neanche i soldi per andare a comprare… sa la cazzuola per fare la malta… per mettere dentro la casetta questa capretta… e là, cara mia, dopo la capretta ha avuto i figli e sicché avevamo il latte… e là cara la mamma conosceva tanti signori di Padova, certi Turolla, tenevano pezzi di pane che avanzavano, pulito, e mia mamma lo biscottava e ce lo faceva con il latte e lo faceva bollire […]. E tutte le croste di formaggio, i signori ce le avevano… però non ci è mai mancato niente, mai, mai

Attilia 1928

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