descrizioni e viaggi – bibliografia

In generale

Se è in epoca romantica che il “pellegrinaggio” ad Arquà assume una dimensione importante, non bisogna dimenticare che alcuni tra i massimi personaggi della letteratura mondiale trovarono, anche prima di Byron e Foscolo, il modo di incrociare la zona euganea nel corso della loro esistenza. Il Signore di Montaigne, tra i primi, ne lambì la radice orientale nel 1580, durante il celebre viaggio italiano trasmessoci dal suo Diario, ma invece di trarre profonde osservazioni di natura filosofica, rimase impressionato a Battaglia dai sapienti marchingegni idraulici mentre, pur apprezzando la bontà delle acque termali (soffriva del “mal della pietra”) rimase alquanto schifato della povertà e dello squallore degli stabilimenti dell’intera zona. Se poi, in tempi più vicini, Goethe che visitò Padova non si curò neppure di compiere un frettoloso pellegrinaggio ad Arquà (così come non ebbe interesse per il Giotto degli Scrovegni), il suo connazionale Heine si guardò bene dallo sprecarsi mentre si trovava ospite del conti Wimpfen nella villa Selvatico di Battaglia. 
Ma prima di occuparci dell’epoca del Grand Tour dobbiamo segnalare alcuni passaggi importanti. Marin Sanudo innanzitutto: 
Sanudo M., Itinerario per la Terraferma veneta l’anno MCCCCLXXXIII, a cura di R. Brown, Padova 1847. Ispirato al proposito di descriver le terre, castelli, borgi, ville, lagi, fiumi, fonti, campi, prati et boschi ene soto l’imperio Veneto da la parte di terra … havendo desiderato più et più volte l’andar el veder et quello con gi occhi ho visto possi scriver, accio descrivando sia dotato, et la memoria sia eterna … egli parla dei Colli descrivendoli come belissimi et alti monti, i qualli sono fructiferi fino ne la sumità de la cacumine de olivari et vigne perfecte. 
E poi il Montaigne
Montaigne M. E., Viaggio in Italia, Bari 1991, p. 117-120. Sul soggiorno padovano del Montaigne si veda anche: 
Balmas E., Note intorno al soggiorno padovano di Montaigne, “Padova” (1959), n. 5, p. 9-19 e n. 6, p. 5-13. I due articoli sono poi confluiti nel volume Montaigne a Padova e altri studi sulla letteratura francese del Cinquecento, Padova 1962. 
Ronconi G., Montaigne e Padova, “Padova e la sua provincia”, 24 (1978), n.s., n. 6, p. 11-14.

Testi del ‘500 e ‘600

Alcuni testi eruditi del ‘600 contengono riferimenti ai Colli Euganei che sono talvolta meglio ascrivibili alla rappresentazione che non alla trattazione storica, propongono immagini piuttosto che documenti. Ad esempio: 
Scardeone B., Historiae de  urbis Patavii antiquitate, et claris civibus Patavinis, Basileae 1560, dove si dice: Ubi… oliva praestantior aut delicatior? Ubi … pulchriora montium iuga? vel quae tanto cultu undequaque excolantur, vel qual tanto civium solatio ac iucunditate visantur? Insomma i nostri Colli appaiono tutta una gara di bellezza e fertilità. (vedi col. 13 da ed. fotomeccanica del 1979). 
Portenari, Della felicità di Padova, Padova 1623 (ristampa anastatica Bologna 1973), dei Colli in particolare si parla alle p. 48-51 e 74, dove si cita ex auctoritate l’iperbole usata da Costantino Paleologo, il quale soleva dire che se egli non sapesse per testimonianza dalla scrittura che il Paradiso terrestre era nelle parti Orientali, penserebbe che altrove non si trova, che nelli amenissimi Colli Euganei
Questa immagine del Paradiso terrestre nei Colli perdura nel tempo  e la ritroviamo, ad esempio, in: 
Gennari G., Informazione istorica della città di Padova, Bassano 1796, dove dopo aver decantata la fertilità del territorio padovano tutto, continua: 
E se oltre a tutto ciò che del nostro Territorio si è detto … se si mettano insieme l’amenità de’ suoi colli, la fertilità delle sue pianure, e la salubrità dell’aria, non sarà chi si meravigli di Costantino Paleologo, il quale alla mensa del cardinale S. Croce in Roma ebbe a dire, secondo che affermano Paolo Merula, e Celio Rodigino, che s’ei per lo testimonio di santi uomini non sapesse, che il Paradiso terrestre era situato in Levante, avrebbe creduto che fosse stato nel Padovano (p. CXXXII-CXXXIII). 
Frammista al mito di Arquà,l’immagine ricompare anche in: 
Zabborra G. B., Petrarca in Arquà. Dissertazione storico-scientifica, Padova 1797, che si propone un’indagine su Arquà per colmare il vuoto lasciato dagli storici. Egli scrive infatti: 
… L’amenità del paese dove egli è situato, la fertilità del terreno, la salubrità dell’aria, i colli deliziosi, e fertili, che lo circondano, il lago, che lo abbellisce, ed il soggiorno godutovi per 4 interi anni de uno dei più illustri Poeti … e nonostante ciò nessuno de’ nostri Storici intrapresero un tale lavoro e se hanno parlato d’Arquà, lo fecero per incidenza, senza estendersi particolarmente (p. XXII)
Più avanti ricompare di nuovo l’immagine idilliaca che si può ascrivere alla storia delle mentalità: 
L’ameno orizzonte; l’aria salubre; i colli, che a forma d’anfiteatro disposti ne formano una vaghissima prospettiva; le frutta saporite, che vi si nutriscono, i verdi viali, che invitano sul mattino a’ freschi passeggi; i boschetti ombrosi, e le rozze villereccie capanne, che offrono ne’ calori estivi un semplice, ma altrettanto giocondo asilo; gli augelli, che col loro canto soave fanno risuonar l’aria d’un armonioso concento; il lago, che con limpida onda ne abbellisce maggiormente la situazione; la varietà dei pesci, che dentro vi guizzano; e il fonte, che oltre alla comodità del paese ne accresce la vaghezza, tutto ciò forma un complesso di delizie non facili  a rinvenirsi, e che la singolarità costituisce di questa nostra Terra (p. XXXIII-XXXIV). 
 
Due famose descrizioni si soffermano ancora sui nostri Colli (Leandro Alberti e Francesco Scoto): 
Alberti L., Descrittione di tutta l’Italia et isole pertinenti ad essa … nella quale si contiene il sito di essa, l’origine, et le Signorie delle Città, et de castelli; co i nomi antichi, et moderni; i costumi de popoli, et le conditioni de paesi… aggiuntovi di nuovo, à suoi luochi, tutto quello, ch’è successo fino l’anno 1581… In Venetia, Appresso Gio. Battista Porta, 1581, dove a proposito dei Colli Euganei si dice:  
Scorgonsi parimenti in questo paese colli, et altissimi monti, che non sono parte dell’Apennino, nè anche delle Alpi. Cosa che altrove no si vede. Sono coperti detti monti di belle vigne, d’olivi et d’altri alberi fruttiferi. Da i quali se ne cavano finissimi vini con delicato olio. 
L’opera di Francesco Scoto uscita nel 1600 col titolo Itinerari Italiae rerumque romanarum libri  tres, Antuerpiae 1600 e più volte ripubblicata in traduzione italiana con ampi rimaneggiamenti nei secoli XVII e XVIII, come Scoto F., Itinerario overo nova descrittione de’ viaggi principali d’Italia, Padova 1654. 
Con riferimento a Padova egli volge a Occidente e trova nel tragitto verso Vicenza i famosi colli Euganei, così detti in lingua Greca per le loro gran delitie, i quali – egli aggiunge – non sono nè parte dell’Apennino, nè anco dell’Alpi (cosa che altrove non si vede) e Costantino Paleologo diceva che fuor del Paradiso terrestre non si sarebbe potuto ritrovare il più delitioso luogo di questo (p. 48 della edizione Roma 1650). 
Si veda anche: 
Cluverius P., Italia Antiqua…, Lugduni Batavorum 1624, alle p. 148-156 si parla del territorio euganeo con particolare riferimento ai Bagni di Abano, Este e Monselice e riportando anche molti brani classici (da Claudiano a Marziale) relativi al territorio. 
 
Tornando agli eruditi locali del ‘600 come il Cittadella e il Portenari, segnaliamo le seguenti citazioni relative ai Colli: 
Cittadella A., Descrittione di Padoa e suo territorio con l’inventario Ecclesiastico brevemente fatta l’anno salutifero MDCV, Conselve 1993, una descrizione paese per paese con notazioni interessanti come, ad esempio: 
Venda monte dove spesso la tranquillità turbandosi manifestano strepitosi tuoni, spaventosi lampi e foribonde pioggie con densissime grandine per certo più alto, et eminente colle, che sopra sta alli altri Monti del Padoano o Euganeo che mostra le Vicine et oltremarine Provincie da Padoa lontano nove miglia, sei dalla Battaglia, poi tre da Teolo, … è maggiore, e padre, degl’altri vicini colli, ch’hora alzandosi, abbassandosi, e piegando hor a destra, hor’a sinistra, scorre la maggior parte d’esse contrade, è d’aura soave simil’alla frigia Ida … e poi molto dimorasse tra quelli fiori rari, et varie piante, herbe diverse, et apriche collinette et ombrose spelonche… 
Portenari A., Della Felicità di Padova, Padova 1623 (rist. anast. 1973) Che parlando del territorio padovano così si esprime a proposito dei Colli: dalla parte sua Occidentale ha li Colli Euganei, li quali, e per la utilità, e per il diletto, che apportano, sono le delizie di tutta la regione.

Viaggiatori senza memorie

Viaggiatori illustri che hanno lasciato testimonianze scritte modeste o nulle a cominciare dal filosofo Leibniz, di cui si occupa: 
Robinet A., La visita di Leibniz a Padova, Este, Carceri, Monselice (6-11marzo 1690), in “Terra d’Este. Rivista di storia e cultura” 6 (1996), n. 11, p. 15-31. 
Nel saggio lo storico della filosofia Andrè Robinet espone le ragioni del viaggio in Italia compiuto da Leibniz tra il 1689 e il 1690. Si trattava di un viaggio speciale in seguito ad una missione affidatagli dagli Hannover per dimostrare l’antico legame tra le Case di Brunswick e d’Este, cosa che determinò una sorta di indifferenza del filosofo al paesaggio, tutto compreso nel compito affidatogli. Il testo sull’escursione di Leibniz a Padova e ad Este, mirato a consultare l’archivio del Monastero di S. Maria delle Carceri, era già comparso qualche anno prima in: 
Robinet A., L’Excursion de G. W. Leibniz à Padoue — Este — Carceri — Monselice (6-11 mars 1690), “Atti e Memorie dell’Accademia Patavina di Scienze, Lettere ed Arti, Classe di Scienze morali, Lettere ed Arti, 99 (1986-87), p.te III, p. 21-37. 
L’opera completa sul viaggio di Leibniz in italia comparve col titolo: G.W. Leibniz, Iter Italicum (mars 1689 — mars 1690), La dynamique de la République des Lettres, Firenze 1988 (La Colombaria). 
 
Laconica la testimonianza anche della visita ad Arquà lasciata da Stendhal il 10 giugno del 1817: 
Stendhal, Voyages en Italia, Paris 1973, p. 113: 
Arquà, le 10 juin 1817. Je vien de passer quatre jours dans les Monti Euganei, à Arquà, le sejour de Petrarque, à la Bataille, lieu célèbre par ses bains.

Il “Grand Tour”

Fondamentale riferimento sulla questione del grand tour, del viaggio in Italia è il contributo: 
De Seta C., L’Italia nello specchio del Grand Tour, in Storia d’Italia. Annali, V, a cura di C. De Seta, Torino 1982, p. 125-263. 
Si veda anche: 
Brilli A., Viaggio in Italia. Storia di una grande tradizione culturale: secoli XVI-XIX, Milano 1988. 
Brilli A., Arte del viaggiare. Il viaggio materiale dal XVI al XIX secolo, Milano 1992. 
De Seta C., L’Italia del Grand Tour da Montaigne a Goethe, Milano 1992. 
Brilli A., Quando viaggiare era un’arte. Il romanzo del Grand Tour, Bologna 1995. 
 
Sulle donne viaggiatrici, si veda: 
Viaggio e scrittura. Le straniere nell’Italia dell’Ottocento, a cura di L. Borghi, N. Livi Bacci, U. Treder, Firenze-Moncalieri 1988. 
 
Per i viaggi in area veneta, si veda: 
Tenenti A., Venezia e il Veneto nelle prime pagine dei viaggiatori stranieri (1650-1790), in Storia della cultura veneta. Il Settecento, 5/I, Vicenza 1985, p. 557-578. 
L’Europa e le Venezie. Viaggi nel giardino del mondo, a cura di G. Barbieri, Cittadella 1997, che contiene una porzione antologica, che per i testi riservati a Padova propone nove cronisti in un arco di tre secoli: dal Thomas Choryat (1577-1617) che arriva a Padova a piedi, fino al pioniere del turismo automobilistico, Otto Julius Bierbaum (1865-1910). 
 
Sulla percezione dei luoghi collegati all’immaginario si veda:  
Gaeta F., L’idea di Venezia, in Storia della cultura veneta, 3/III, Dal primo Quattrocento al Concilio di Trento, a cura di G. Arnaldi e M. Pastore Stocchi, Vicenza 1981, p. 565-641. 
De Biase L:, Immagine delle città e delle campagne tra la metà del XVI e la fine del XVII secolo, in Storia della cultura veneta, 4/I, Dalla Controriforma alla fine della Repubblica, a cura di G. Arnaldi e M. Pastore Stocchi, Vicenza 1983, p. 625-656. 
Isnenghi M., I luoghi della cultura, in Il Veneto, a cura di S. Lanaro, Torino 1984 (Storia d’Italia. Le Regioni dall’UNità ad oggi), con particolare riferimento alle pagine dedicate agli Itinerari simbolici e Il Veneto come letteratura, p. 374-406. 
Praloran M., Venezia e il Veneto nell’immaginario degli scrittori europei, in in L’Europa e le Venezia. Viaggi nel giardino del mondo, a cura di G. Barbieri, Cittadella 1997, p. 91-103. 
 
Per il territorio padovano si veda una rassegna antologica di brani letterari e soggetto locale fu raccolta da Diego Valeri: 
Valeri D., Padova, i secoli, le ore, Bologna 1967, con brani da Proust, Hawthorne, Huxley, Meyer, fino alla Padova cinquecentesca immaginata da Shakespeare. Bella l’immagine complessiva del territorio esposta dallo stesso Valeri (Padoue, badoue, lourde, balourde… in Padova, i secoli, le ore, Bologna 1967, p. 83: 
Niente di male, dunque, se Padova, per la sua vasta membratura e massiccia solidità, per il suo color grigio caldo, per il suo calmo sguardo velato di malinconia, per la sua pacifica laboriosità, per il suo amore dei campi, per la sua forza e la sua mitezza d’animo, sarà assomigliata al bove: a un gran bove accucciato sulla morbida pianura che siede tra gli Euganei e la laguna. Tale è difatti l’immagine che mi è apparsa oggi, nel roseo sole invernale, mentre camminavo su un argine del Bacchiglione, fuori porta”.  
Toffanin G., Padova. Diari e viaggi, Milano 1990 (Città nel tempo). 
Di cultura francese sono invece i testi presentati (tra i qauli Stendhal, de Brosses, Valere e Gautier) da Maria Rosa Ugento nella traduzione di Enzo Demattè: 
Ugento M. R., Sosta a Padova in nove memorie francesi 1739-1874, Padova 1994. Un buon numero di testimonianze francesi è pure nell’opuscolo di: 
Brunelli Bonetti B., Francesi a Padova, Padova 1956. 
 
Dedicato a Viaggiatori stranieri tra Padova, Este e i Colli Euganei è il numero 11 di Terra d’Este, introdotto dal saggio: 
Selmin F., Viaggiatori stranieri tra Padova, Este e Colli Euganei. Nota a margine, in “Terra d’Este. Rivista di storia e cultura” 6 (1996), n. 11, p. 5-13.

Da Seume a Zolla

Nel già citato numero 11 di “Terra d’Este” si fa riferimento al brano di Johann Gottfried Seume che nel 1802 intraprese un viaggio da Lipsia a Siracusa. Nel suo lungo itinerario a piedi, tra Padova e Monselice egli potè osservare i guasti prodotti dalle esondazioni dei numerosi corsi d’acqua, le condizioni disastrose delle strade, la miseria che regnava nei casolari della campagna. Fermatosi in un’osteria nei pressi di Monselice, tentò disperatamente di avere un pezzo di pane, dichiarandosi disposto a pagarlo a qualsiasi prezzo, ma trovò soltanto una fetta di cattiva polenta. 
Seume Johann Gottfried, L’Italia a piedi 1802, a cura di A. Romagnoli, Milano 1973, p. 124-125. 
 
Nel medesimo numero sono riportati alcuni testi che raccolgono rapide percezioni e notazioni di viaggio di illustri autori (con indicazioni delle opere da cui sono tratti i brani): 
De Brosses C., Sulla strada da Padova a Rovigo, tratto da Viaggio in Italia. Lettere familiari, prsentazione di C. Levi e G. Natoli, Miulano 1957, vol. I, Lettera XIX, p. 252-254. 
Lo sguardo di De Brosses è attirato dalle ville dislocate lungo il canale che collega Padova a Monselice: gli appaiono addirittura più belle di quelle del Brenta. Severissimo, però, è il giudizio sul Cataio di Battaglia, etichettato come un’opera di cattivo gusto. 
Shelley P. B., In villa ad Este, tratto da Morire in Italia. Lettere 1818-1822, introduzione di F. Marenco, Milano 1992, p. 22-28. 
Dagli inizi dell’Ottocento il villaggio di Arquà divenne la meta consueta del pellegrinaggio di letterati italiani ed europei, più o meno illustri. Il primo viaggiatore, che, scendendo da Padova verso sud, alla volta di Roma, fece una brusca deviazione verso Arquà fu George Byron. La visita ebbe luogo nell’aprile del 1817 e fornì al poeta materia di ispirazione per il quarto canto del poema Il pellegrinaggio del giovane Aroldo. È probabile che i versi dedicati da Byron al Petrarca — dice Selmin nel suo saggio – abbiano contribuito non poco a consacrare definitivamente Arquà come santuario letterario nell’ambito della cultura europea. Alla visita di Byron seguì quasi immediatamente – il 10 giugno – quella di Stendhal, anche lui in viaggio da Padova alla volta di Roma e con ogni probabilità, l’anno dopoArquà fu meta del pellegrinaggio di Percy B. Shelley, che nell’agosto del 1818 da Bagni di Lucca raggiunse a Venezia l’amico Byron. Questi gli mise a disposizione la villa di Este che alla fine del 1817 aveva preso in affitto dal console inglese di Venezia. Quello estense fu per il poeta inglese un soggiorno felicissimo sul piano creativo: vi compose Giuliano e Maddalo, un dialogo tra due personaggi nei quali è facile riconoscere Byron e lo stesso Shelley; l’ambientazione è veneziana, ma non mancano ampi riferimenti ai colli Euganei. Vi iniziò il poemetto Versi scritti fra i colli Euganei (Lines written among the Euganean hills), che fu pubblicato nel 1819 accompagnato da una “Avvertenza” dell’autore da cui si ricava che l’ispirazione gli fu offerta da un’escursione che lo condusse fino alla cima del Venda.  
Valery A. C., La casa e la tomba di Petrarca tratto da Voyages historiques et littéraires en Italie, pendant les années 1826, 1827 et 1828, ou l’Indicateur italien, Bruxelles 1835, p. 167-168. 
Nei Voyages historique et littéraires en Italie per Valery, tra Padova e Rovigo, l’unico luogo meritevole di segnalazione è Arquà che per lui è soltanto un monumento letterario che si concretizza nella casa e nella tomba del cantore di Laura. 
Chateaubriand F. R. de, L’oro del tramonto sui Colli Euganei, tratto da Mémoires d’outre-tombe, Paris 1983, vol. II, p. 798-799. 
Il testo di Chateaubriand (1768-1848) trasuda cultura letteraria, tanto nel lungo e farraginoso catalogo degli scrittori italiani quanto nella citazione byroniana e nel riferimento ad Arquà, peraltro troppo vaga per poter dare per certo un suo pellegrinaggio alla tomba del Petrarca (l’ipotesi della visita fu avanzata da Gabriel Faure). 
Widmann J. V., Battaglia e Arquà Petrarca, tratto da Sizilien und andere Gegende italiens. Reisen mit Johannes Brahms, Frauenfeld 19123, capitolo Battaglia und Arquà Petrarca. 
Scrittore svizzero di origine austriaca, le pagine relative a Battaglia ed Arquà si riferiscono ad un viaggio compiuto nel 1895 con un programma ben definito in cui era prevista anche la sosta a Battaglia, che testimonia la fama di cui godeva il centro termale euganeo nell’area mitteleuropea. Di Arquà colpisce il giudizio severo sui contadini che egli compara a quelli della Foresta Nera per via del grezzo dialetto molto più oscuro rispetto ai raffinati toscani e il quesito sulla scelta del Petrarca che viene ascritta a questo dominio dello sguardo che il luogo consente. 
Faure G., Nei Colli Euganei, tratto da Heures d’Italie, éd. nouvelle, Paris 1934, capitolo intitolato Dans les collines Euganéennes.  Col titolo Heures d’Italie. Des bordes de la Brenta aux Monts Euganéens, comparve nella  Revue des deux mondes, 15 janvier 1913. 
Uno scrittore francese innamoratissimo dell’Italia, del quale colpisce la profusione delle citazioni letterarie e curioso più che della natura e dei paesaggi, di monumenti e d’arte. 
 
Ancora dedicato al Grand Tour è il n. 18 di “Terra d’Este”. Questi gli interventi: 
Francesco Selmin, I Colli Euganei nel “Grand Tour”, in “Terra d’Este. Rivista di Storia e Cultura”, 9 (1999), n. 18, p. 7-26. 
Rognoni F., Byron e Shelley: da Arquà a Este, p. 27-38. 
Pietrogrande A., Il paesaggio-giardino veneto nella memoria dei viaggiatori del passato, p. 39-50; 
Luciano Morbiato, Vita veneziana e paesaggi veneti (con un pellegrinaggio ad Arquà) nell’opera di William Dean Howells, in “Terra d’Este. Rivista di Storia e Cultura”, 9 (1999), n. 18, p. 51- 76. 
Urettini L., Il viaggio di George Sand nel Veneto e il suo amore veneziano, p. 77-90. 
 
Sulla frequentazione del Casanova con l’abate Gozzi e il suo dimorare presso i Colli: 
Brunelli Brunetti B., Figurine padovane nelle memorie di Giacomo Casanova, “Padova e la sua provincia”, 29 (1983), n.5, p. 23-35. 
Tratta del soggiorno del Casanova presso la Villa Mocenigo (Mainardi dal 1968) ai “Guazzi di Abano” — dove fu ospite lo stesso Goldoni nel 1752 — e dove l’eccentrico veneziano compose un libello contro il Voltaire, lo Scrutinio del libro Eloges de M. De Voltaire par differents auteurs
Peretti Gianluigi, Ai Bagni d’Abano Casanova cerca di demolire Voltaire, “Padova e il suo territorio” 21(2006), n. 123, p. 41-43. 
 
Altre testimonianza abbiamo in: 
Rogissart de, Le dèlices de l’Italie, tomo I, Leide 1709, diario di viaggio con particolare riferimento alla pag. 168 ed all’incisione “Les Baines d’Abano” a p. 200. 
La Lande, Jérome J. de, Voyage d’un François en Italie fait dans les années 1765 et 1766, Venise et Paris 1769. 
Zolla E., Verità segrete esposte in evidenza. Sincretismo e fantasia. Contemplazione ed esotericità, Venezia 1990, p. 32-35.

La Volkonskaja e i ricordi di viaggio

Interessante lo sguardo di una autrice russa — Volkonskaja Zinaida Aleksandrovna (1789-1862) — sposa di un principe alto dignitario di corte, che ebbe relazioni con i maggiori scrittori e poeti russi e che venendo in Italia – (si stabilirà a Roma dove morirà, dopo essersi convertita al cattolicesimo) — tenne costantemente un diario. Nei suoi Ricordi di viaggio — Otryvki iz putevych vospominanij, 1829, riferisce le sue impressioni sui Colli Euganei. 
Volkonskaja Zinaida, Socinenija , Pariz 1865. L’opera della Volkonskaja è segnalata in: 
Todeschini M. P., Russi in Italia dal Quattrocento al Novecento. Bio-bibliografia descrittiva, Moncalieri 1997, p. 78,  che descrive sinteticamente gli itinerari percorsi e dà un profilo biografico del personaggio.  L’informazione è riportata in: 
Maggiolo P., Appunti e note per una nuova antologia di viaggiatori stranieri a Padova, “Bollettino del Museo Civico di Padova”, 87 (1998), p. 163-181. Nell’articolo si segnala il triplice soggiorno a Padova del filosofo libertino Gabriel Naudé (tra il 1626 e il 1645) che praticava anche l’ambiente collinare essendovi spesso convocato dall’erudito Iacopo Filippo Tommasini che possedeva una casa a Tramonte, che divenne luogo di dotte conversazioni.  Nel lavoro di Maggiolo si segnala il ricchissimo serbatoio odeporico del “Fondo Tursi” conservato presso la Biblioteca nazionale Marciana di Venezia. Si tratta di una biblioteca specializzata pervenuta in dono all’Istituto marciano grazie alle disposizioni di Antonio Tursi che raccolse oltre venticinquemila volumi che costituiscono il più grande archivio del viaggio in Italia e i cui schedari sono in corso di pubblicazione nel “Bollettino del C.I.R.V.I.”, la rivista del Centro interuniversitario di ricerche sul viaggio in Italia, con sede a Moncalieri. Della raccolta Tursi si occupa: 
Kanceff E., La “Raccolta Tursi”, Venezia e l’Europa, in L’Europa e le Venezia. Viaggi nel giardino del mondo, a cura di G. Barbieri, Cittadella 1997, p. 160-167. 
Ragguardevole anche la raccolta di 741 opere del fondo “Fiammetta Olschki”  di Firenze, opere che sono presentate in: 
Viaggi in Europa, secoli XVI-XIX. Catalogo del fondo “Fiammetta Oschki”, schede di F. Olschki, Firenze 1990, che alla voce “Padova” propone 125 titoli, alcuni dei quali non ancora disponibili in traduzione italiana. 
Il contributo di Paolo Maggiolo segnala anche un’altra voce sui Colli Euganei che riportiamo. Si tratta delle memorie collinari della romanziera americana — autrice de L’età dell’innocenza — Edith Wharton che nel saggio autobiografico Uno sguardo indietro, Roma 1994, p. 112: 
Tra le amicizie che feci allora vorrei ricordare con particolare gratitudine quello della contessa Papafava di Padova, dalla quale seppi per la prima volta del fantastico castello del Cattajo, e grazie alla quale mi furono aperti gli intricarti splendidi giardini di Valsanzibio… L’impressione del Catajo fu conservata dalla Wharton che così ne descrive il miscuglio di stili nel suo Italian Villas ant their Gardens (1904 — tradotto da M. Dandolo e G. Uzielli, Firenze 1998): 
Quando il rozzo e tetro gusto dell’Europa medievale trovava la sua espressione in sogghignanti figure grottesche ed in immagini buffonesche o funeste, l’arte italiana rimase attaccata al bello e svolse anche i temi più tragici in un labirinto di linee aggraziate. Ma nel Seicento e nel Settecento, quando la grazia classica ebbe preso possesso del Nord Europa, le chimere, gli gnomi e gli spiriti maligni, i grondoni e le streghe, attraversarono le Alpi e riapparvero nella strana fauna delle grotte italiane e nei maliziosi nani e satiri che popolarono i sentieri dei giardini”.

Sovrani, personaggi illustri e altri

Viaggi e visite di sovrani, come quella avvenuta nel dicembre del 1815 di Francesco I e Maria Luisa (vedi: Descrizione di quanto si fece nella Regia Città di Padova nella fausta occasione che venne a norma del soggiorno di S. M. Imperatore e Re Francesco I, e di Maria Luigia Sua Augustissima Sposa, Ms. 328 BP 561/VI descrive nel dettaglio come i padovani accolsero l’Imperatore con addobbi e feste. Si dice, tra l’altro, che tutto il loggiato del Salone e ogni lato del Palazzo era rivestito di verde cosicché tutto era di ben disposta verzura fornito, raffigurante il più bello e vago Giardino, Bosco e Monte. Basta il dire, che numerosi Barconi trasferirono dai nostri Colli Euganei questa immensità di verdi (c. 7 r.) La notte del 20 dicembre, poi, tutti i palazzi e case della città erano illuminati e specie le botteghe e le strade dove dovevano passare i sovrani. Nelle due piazze dell’Erbe e Peronio, vennero conformate due fontane di vino puro per la povertà, distribuito a questa anco del Pane; e per ovviare la confusione, venne da Parrochi dispensata una data quantità di biglietti. … Frattanto prorompeva il popolo in frequenti esclamazioni di giubilo, e di Evviva. (c. 8r.) 
 
Presenze di personaggi illustri 
Cini L., Passaggio della regina Bona Sforza per Padova nell’anno 1556, in Relazioni tra Padova e la Polonia. Studi in onore dell’Università di Cracovia nel VI centenario della sua fondazione, Padova 1964 (Contributi alla storia dell’Università di Padova, 1), p. 27-65, con riferimento, tra l’altro, al periodo che la 65enne regina trascorse presso le terme padovane per curarsi i reumatismi (pretesto ufficiale del suo allontanamento dalla Polonia in seguito ai disaccordi col figlio, re  Sigismondo). Non sappiamo se la cura ebbe luogo ad Abano, come riferiscono i documenti ufficiali, o ai Bagni di Monte Ortone, come riferisce il codice Gradenico (sottocitato). Non risulta, comunque, che al celebre  Santuario di Montertone, che avrà di certo visitato, la Regina abbia fatto delle donazioni.  
 
Bilinski B., Viaggiatori polacchi a Venezia nei secoli XVII-XIX, in Venezia e la Polonia nei secoli dal XVII al XIX, a cura di Luigi Cini, Venezia-Roma 1968 (Civiltà veneziana. Studi, 19), p. 341-431, con riferimenti ai numerosi studiosi e scolari polacchi, attratti dagli studi di medicina o di argomento scientifico). Molti dei nobili polacchi, inoltre, che andavano per le cure ad Abano, o per riposare sulle rive del Brenta, deviavano per Venezia dove i magnati polacchi trovavano la loro “dolce vita” (p. 358). 
Per il passaggio di sovrani si veda un’opera di precisa informazione (un manoscritto settecentesco compilato da Pietro Gradenico) fondata sui materiali della Cancelleria della Repubblica: Memorie del passaggio per lo Stato Veneto di prencipi e Soggetti esteri 1347-1773, Ms. Ital Clas., VII, 707 (7898) della Biblioteca Marciana come ad esempio del futuro re Ladislao IV attraverso gli stati europei (1624-1625) o il viaggio di Maria Casimira (1699-1700) nel suo devoto pellegrinaggio a Padova e Loreto della vedova del vincitore di Vienna. 
 
Interessante la notazione visiva contenuta in: 
Marinelli O., Un plastico dei Colli Euganei ed alcune ricerche limnologiche del dottor Stegagno, estratto dalla “Rivista Geografica Italiana” 8 (1901), n. 9, in cui si parla del plastico dei Colli realizzato dal dottor Stegagno ed esposto alla Esposizione Industriale di Verona del maggio 1901 — rappresenta una specie di veduta a volo d’uccello da grande distanza. Concorda sul fatto che chi scorge gli Euganei dai piani circostanti, quei colli periferici assumono apparentemente esagerata importanza. Cosa — egli aggiunge — che il plastico ridimensiona, riportando il tutto alle giuste dimensioni. Nel breve testo si riporta anche la descrizione dei Colli lasciata dal geologo italiano Leopoldo Pilla nel suo viaggio compiuto nel 1832 da Napoli a Vienna (Pilla L., Osservazioni geognostiche che possonsi fare lungo la strada da Napoli a Vienna, Napoli 1834): 
“…Di fatti sorgono essi del tutto isolati e ritti in mezzo ad una vasta e ben livellata pianura, senza però toccare una grande altezza…” 
Marinelli G., Sui Colli Euganei. Note altimetriche, “Atti e Memorie R. Acc. Sc. Lett. Ed Arti”, 4 (1887-88), p. 395. 
Di taglio naturalistico la descrizione esposta in: 
De Toni G. B., Elenco delle piante raccolte dagli studenti di botanica della R. Università di Padova durante una gita da Padova ad Abano e Teolo, 1890. 
 
Interessante la rappresentazione di un Veneto “anti-idilliaco” che coinvolge anche l’area euganea (si veda il passo sul laghetto di Arquà) come si racconta nella brillante narrazione di uno scrittore inglese (Tim Parks) residente nel Veneto da più di un decennio e segnalato da: 
Vallerani F., Diffusione urbana e nuovi paesaggi. Il Veneto di Tim Parks, in “Terra d’Este. Rivista di storia e cultura” 10 (2000), n. 20, p. 137-151.
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