L’odissea di Ugo

Una storia emblematica

Con l’8 settembre l’Esercito italiano conosce una delle pagine più oscure e infamanti. I reparti sono abbandonati a se stessi; gli ufficiali non hanno direttive; i soldati si trovano esposti al un destino pieno di incognite e di pericoli. Sono in gran parte giovani che non hanno mai viaggiato, che al massimo sono stati in città, a Padova. Qualcuno ha fatto un viaggio di nozze a Venezia o a Ortisei… Trovarsi all’improvviso in una situazione drammatica, dove le cose risultano incomprensibili (si pensi all’esilarante battuta del tenente Sordi in “Tutti a casa”: signor Colonnello accade una cosa incredibile: i tedeschi si sono alleati con gi americani”).

Per molti comincia un’autentica odissea, una lunga traversata seminata di pericoli, di incontri, di sorprese, per un ritorno gravido di incertezze e di altri pericoli

Tutti sciolti, a gruppetti si veniva a casa

Io sono venuto a casa l’8 settembre del ‘43 famoso, che c’è stato quell’armistizio cosiddetto. Ma i tedeschi poi, hanno cominciato subito... Abbiamo ceduto le armi, ero a Fiume, a Susak […]. A Fiume, ho fatto da Fiume a Trieste a piedi. Sono 70 – 80 chilometri, e là ogni tanto trovavamo posti di blocco: signorine partigiane, così, armate che ci spogliavano di tutto. E poi, insomma… […] L’8 settembre siamo partiti da Fiume e siamo arrivati a Trieste a piedi […]. Sono arrivato qua verso il 12, […] in quattro giorni sono arrivato a casa […]. Qua era abbastanza calmo, insomma, non c’era… Poi sono venuti i tedeschi anche qua.
“Subito abbiamo capito che la storia… la prima sera, sì, io ero proprio a Susak, cosiddetta, che è al confine, lì passa un fiume. Da Fiume si passa in Croazia, insomma, in territorio… e là… ho perso un po’ il filo […]. Alle otto di sera la radio ha annunciato che c’è l’armistizio… l’armistizio, ma non era ben chiaro, sa. Le notizie sono sempre le solite, le prime, le notizie non sono mai ufficiali, sono ufficiose e… Andiamo fuori, baldoria. Poi… poi abbiamo capito subito che era stata l’Italia che si era ritirata: il generale Badoglio, il famoso generale Badoglio ha visto che non si poteva più andare avanti perché è entrata l’America e compagnia bella e Badoglio, come si dice, ha dichiarato… ha dichiarato… I tedeschi, invece, loro non hanno mica voluto… Allora la sera stessa dell’8 settembre, sono cominciati dei rumori di camion, automezzi, carri armati: […] dal nord venivano giù per occuparci tutti, infatti in pochi giorni ci hanno occupati tutti, e noi…
Ero al comando divisione, comando divisione celere. Siamo partiti con il camion da Susak, siamo venuti verso Trieste […]. Ci hanno fermati, hanno sequestrato il generale, il comandante e tutti gli ufficiali e compagnia bella. Abbiamo deposto le armi: io avevo il moschetto, il fucile, tutti avevano le armi… sa che è una cosa triste, depositare le armi? E’ un’umiliazione. Là c’erano questi partigiani, donne… ma c’erano donne partigiane là in Yugoslavia che erano… hanno fatto di quelle cose in Yugoslavia molto… molto cattive, sa... io, per fortuna che io… ecco, abbiamo depositato le armi. Gli ufficiali non so dove siano andati a finire, non si sa più niente perché poi… Allora, eravamo questo comando, tutti sciolti a gruppetti si veniva verso casa. Allora siamo arrivati a Trieste, piazzale della stazione. Lì c’era un bar e io ero esausto, sono andato in svenimento, ero finito, e mi hanno portato dentro in un bar, non so, mi hanno rifocillato, sono rinvenuto. Allora, lì eravamo in tanti, ci hanno… c’erano i tedeschi, i fascisti e compagnia bella… ci hanno messo sul carro bestiame. Allora partivano le tradotte da Trieste, no… in carri merci […] trenta – quaranta dentro senza mangiare, senza niente, senza... Allora lì, le donne triestine… che bisogna andare sempre là, le ‘mule’ triestine, a ringraziarle, che sono state delle brave… delle brave donne. Erano informate di tutto, sapevano tutto, loro… perché la donna, sa, entra dappertutto perché è donna, invece l’uomo… la donna i tedeschi non la sequestravano. Allora sono venute a portarci da bere le cose sui carri bestiame, portare quello che potevano, insomma, racimolavano e ci hanno assicurato: ‘State attenti, questa tradotta non va in Germania’, perché tante andavano in Germania e tante venivano a Mestre, per esempio, in Italia, perché si vede che tutte non potevano… non potevano andare in Germania. ‘Però non arrivate a Mestre, perché a Mestre…’. Quei giorni, sa, erano due giorni dopo l’8 settembre… ‘perché a Mestre ci sono fascisti… nuovi, insomma e tedeschi che vi imbarcano ancora e vi mandano in Germania. Prima di Mestre, scendete…’. Abbiamo potuto perché i macchinisti erano italiani, allora questi macchinisti italiani sapevano la storia, erano informati anche loro, ha capito? Allora qua, dopo, nei pressi… se le racconto questa storia qua, adesso… nei pressi di Zero Branco che è a Treviso, […] sbandati che passavano… Allora ci mettiamo in cammino, attraversiamo una strada, adesso non mi ricordo più, era verso Zero Branco. Una moto side-car di tedeschi che ci hanno scorto che eravamo distanti… ‘trrrrrr’, una mitragliata e noi giù. Insomma, non hanno preso nessuno, per fortuna, anche quella… va bene, allora via a piedi… Allora, era dopo un giorno di domenica, eravamo quattro, il mio gruppetto, cinque, tre… non mi ricordo più […]. Arriviamo in una famiglia di agricoltori, di contadini. I contadini, sa, allora avevano sempre da mangiare […] e là loro mangiavano abbastanza bene. Allora mi hanno messo in tavola insieme perché allora le famiglie erano numerose, erano anche loro… saranno stati, non so in quanti… e i bambini venivano messi sugli scalini… e là a tavola a mangiare, la minestra in brodo, era una cosa… va bene, allora, passata questa… Allora arriviamo a Zero Branco. A Zero Branco c’era una corriera… c’erano le corriere che venivano in Piazza Eremitani, in quei tempi […]. Salgo in corriera. Caspita! Trovo uno da Vo’, qua, classe del 05, che lo conoscevo, gli davo del tu. Un certo Lazzarini che faceva lo scalpellino. C’erano tanti scalpellini qua a Vo’, no, e lavorava a Zero Branco e veniva a casa anche lui, così, perché lavorava là. Stia attenta, che ha messo la sua vita in palio per me, questo qui […]. Allora siamo in corriera, no, e allora… ‘Caspita, come facciamo’ dico: ‘io devo andare a casa’. Sono in corriera e arrivo in Piazza Eremitani. ‘Sta attento’ dice; ‘ io in Piazza Eremitani ho la bicicletta’. Allora lui scendeva in Piazza Eremitani, veniva a casa, veniva a Vo’ in bicicletta. Allora dice: ‘Allora io ti do la bicicletta’. Lui… questo era rimasto a casa, non era andato militare perché gli mancavano queste tre dita qua, così era… allora lui era stato esonerato dalla guerra. Allora arrivo in Piazza Eremitani e mi da’ la bicicletta. ‘Tu mi aspetti a Tencarola’. Allora c’era il tram […]. ‘Io salgo in tram e mi aspetti là’. Sale in tram, passa verso l’aeroporto e salgono un paio di ufficiali tedeschi. Vedono quest’uomo, giovane […]. Allora hanno cominciato a parlare: ‘Com’è che lei non è in guerra, non è a militare?’. E allora gli ha fatto vedere che aveva tre dita. ‘Ma noi tedeschi con tre dita si va a militare lo stesso…’ Ma lo sa che volevano portarlo via? Non so come sia stata, si vede che dopo… ma ha lottato, per salvare me, ha capito? […] Un bravo uomo, un bravo scalpellino. Va bene, e questo… e dopo saliamo in bicicletta, allora si chiamava ‘sul palo’. Arriviamo […] a fianco del cimitero, insomma, di Villa. Caspita, incontriamo una camionetta… una camionetta: chi erano? Era buio. Sentiamo: ‘vrrrrrr’… mitra… ci buttiamo giù per… sulla ‘cosa’ del tram, c’era il tram allora. Via, passa la macchinetta. Dopo sa chi… sono venuto a sapere chi è stato, ha preso delle parole, anche… che ha fatto questo lavoro? Perché allora, appena finita la guerra, non c’era nessuna regola, facevano quello che volevano i militari... ed erano: un militare qua di Lovertino che era in servizio a Padova […] carabiniere era, no… e allora era venuto con questa camionetta, perché allora non gli faceva osservazione nessuno. Era andato a casa sua insieme con degli amici e si vede, so io, cosa faceva… festa. Hanno sparato in aria insomma, ecco, hanno sparato. Sono venuto a saperlo: ‘Ma mi hai fatto’ ho detto, ‘ma mi hai fatto prendere una bella paura…’. Non erano tedeschi […]. E dopo sono arrivato a Teolo, mi sono fermato qua che c’era mio fratello, sono rimasto qua, lui è andato a casa… e allora io qua a Teolo… dopo c’era mio fratello, sono rimasto parecchio tempo… […]”.

Ugo 1914

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