Il paesaggio come esperienza dello spazio
Si vuole qui rendere conto di come il paesaggio costituisca un’esperienza della quale troviamo traccia nella letteratura ovviamente, nell’arte, nella fotografia ma anche nel parlare comune, nella percezione che accompagna il modo in cui viviamo i luoghi. Più complesso da spiegare, facilmente intuibile con un esempio.
Nell’orazione funebre pronunciata il 18 gennaio del 1841 dedicata all’abate Felice Dianin, l’oratore, Francesco Nardi, collega del defunto professore presso l’Università di Padova, esordisce dandoci l’immagine, consolidatasi nel topos visivo, di quella che era la percezione, colta, letteraria, del paesaggio euganeo. Leggiamo l’esordio di questa orazione funebre:
… Teolo non ignobile terra de’ Monti Euganei fu patria del Professor Ab. Felice Dianin correndo l’anno 1764: Quella bella natura senza essere selvaggia variata dolcemente da ubertose pianure e apriche colline tra cui nereggia qua e là un solitario boschetto, o si stende la tacita onda d’un lago dove sin dai primi anni temprare l’anima sua a poetico ed alto sentire. La creazione, questo gran libro chiuso allo spirito volgare, che nulla vede, e nulla sente, si presentò sin d’allora allo sguardo al pensiero all’affetto del nostro Dianin, che in esso leggeva la sublime armonia delle cause ed effetti, la portentosa varietà e costanza della natura che muta sue forme ma non sue leggi, sempre diversa e pur sempre uguale a se stessa, sapiente sempre anche quando più ci apparisce capricciosa e bizzarra. E l’animo suo fu scosso da tanta bellezza e sull’ali della fede e dell’amore librassi a venerar la suprema onnipotente Ragione, da cui tutto questo ordine stupendo proviene.
Ubertose le pianure, apriche le colline, solitari i boschetti, tacita l’onda di un lago – che almeno nelle dimensioni di ciò che comunemente si intende per “lago” non è così facile trovare nei Colli. Bellezza non selvaggia – come nel topos del sublime di matrice kantiana – ma variata con dolcezza: ecco lo specifico del pensare i Colli. Risponde, dunque, la descrizione a un pensare interiore più che a un guardare fisico e veritiero.
Ma l’altro interessante elemento di questa orazione è il richiamo a una metafora di grande fortuna nel mondo occidentale: quella della “leggibilità del mondo” indagata con tanta passione da Hans Blumemberg, di una realtà come se essa fosse esposta in un grande libro aperto, aperto ma anche chiuso allo spirito volgare. Per quelli che con il libro non hanno alcuna dimestichezza e ai quali è preclusa.
Il terzo elemento di questa accalorata orazione è il rinvio alla suprema onnipotente Ragione, da cui tutto questo ordine proviene. Assumendo e quasi addomesticando quella Ragione illuminista non certo tenera con il cristianesimo.
Poche righe, allora, per aprire varchi e finestre, che vanno dalla percezione del dato paesistico, all’utilizzo di formule e metafore legate a climi culturali che si distendono nei secoli e immagini del divino, per far capire, in sostanza, la complessità e di quel che chiamiamo, semplicemente, “paesaggio”.
orazione funebre: Nardi Francesco, Orazione funebre in lode dell’ab. Prof. Felice Dianin detta il dì 18. Gennaio 1841, (Biblioteca Civica di Padova, Ms. 118/IX)
Blumemberg Hans, La leggibillità del mondo. Il libro come metafora della natura, Bologna 1989.