- anarchia colturale e riforme
- le malattie
- l'introduzione dei bordolesi e la vicenda di Lispida
Anarchia colturale, malattie e riforme
Il secolo XIX è il secolo di quella che viene lamentata come anarchia colturale e delle malattie che colpiscono la vite. Ma è anche l’epoca della nascita sui Colli della viticoltura imprenditoriale che guarda al mercato e alla qualità della produzione. Anche se con molte difficoltà l’agricoltura collinare potrà avvalersi delle innovazioni tecnologiche (aratri, macchine) per le difficoltà nelle comunicazioni e per lo stato molto frammentario delle proprietà.
Alcune imprese, comunque, cominciano a dedicarsi alla produzione di vini in bottiglia e a introdurre la coltura specializzata, a palo secco, educando le viti secondo sistemi francesi e ungheresi, migliorando la vinificazione mediante fermentazioni brevi, e la svinatura a mezzo di maniche di cuoio anziché all’aria aperta.
Alcuni stralci della “Statistica agricola industriale e commerciale della Provincia di Padova “ del 1878 rendono conto del nuovo indirizzo assunto da alcuni vitivinicoltori. Si legge in quella statistica:
“Di buon augurio ci sia il potere aggiungere che i vigneti si vanno sempre più estendendo sui Colli Euganei. Fra parecchi, oltre a quelli del fu S. Ecc. Conte Andrea Cittadella dal quale il nob. proprietario raccoglie ormai uve che gli danno vini squisiti da bottiglia, ve ne hanno alcuni di formazione recentissima. Se ne trova uno a Torreglia della nob. contessa Ferro. La direzione venne affidata alla bella intelligenza del sig. Fusari Antonio. Un secondo vigneto esiste a S. Pietro Montagnon con 100.000 viti; è di proprietà del dottor Frigerio. Un terzo havvi a Montecchia dei Capodilista Antonio. I lavori sopra oltre 3.865 ettari di colle e le rispettive piantagioni furono progettati diretti e sorvegliati dal Sig. Meneghini Carlo, membro del Consorzio agrario”.
migliorando la vinificazione: “Il Raccoglitore. Pubblicazione annuale della Società d’incoraggiamento in Padova”, 10 (1861), p. 203.
in quella statistica: Statistica agricola industriale e commerciale della Provincia di Padova, Padova 1878, 492.
Le malattie
Nel corso dell’Ottocento la viticoltura euganea subisce gravissimi danni anche a causa delle malattie e di forti gelate, specie nel 1858. Nel 1850 appare l’oidio e nel 1879 la peronospora, due epifitie funginee che attaccano le foglie e i frutti.
Bastava che la primavera si presentasse umida e piovosa perché i parassiti infierissero. I vitigni furono ricostituiti abbastanza in fretta sui nuovi innesti americani più resistenti, se non immuni all’oidio. É da considerare, inoltre, che le malattie colpirono i vitigni più delicati spingendo i contadini a preferire nel reimpianto le specie più robuste che davano liquidi carichi e corposi, cosicché lo stesso gusto popolare ne fu influenzato.
Qualche dato: la produzione dei Colli passa da una media di 85.100 mastelli di vino del triennio 1847-1849 ai 1.936 mastelli del 1854 con una contrazione vertiginosa e lievitazione dei prezzi.
I rimedi vengono introdotti quando si scopre che il solfato di rame e l’idrato di calcio sono in grado di combattere la peronospora, e che lo zolfo è efficace contro l’oidio.
Ma il sollievo per aver rinvenuto questi rimedi è di breve durata, perché un flagello ben peggiore è in arrivo: la fillossera. Un insetto n della famiglia dei Phylloxeridae che provoca in breve tempo gravi danni alle radici e la conseguente morte della pianta attaccata. Proveniente dall’America, giunge prima in Inghilterra, dilaga in Francia dal 1863 e arriva poi in Italia. Viene segnalata in Veneto per la prima volta nei primi anni del ‘900, arriva a Padova intorno al 1912, e in pochi anni si propaga provocando vere devastazioni. Viticoltori e scienziati si trovano completamente disarmati davanti ai disastri causati dall’insetto alla sua comparsa in Europa.
La soluzione arriva con la scoperta che gli apparati radicali di alcuni vitigni americani sono immuni agli attacchi della fillossera. Si procede così all’innesto della vite europea (nella quale la parte aerea non è attaccata dall’insetto) su portainnesto americano. Questa tecnica rivoluziona l’intera viticoltura europea risollevandone le sorti: attualmente quello che ha rappresentato nel secolo XIX e nel XX secolo una delle piaghe più terribili dell’agricoltura europea, è diventato un insetto pressoché innocuo.
attaccano le foglie e i frutti: Zanetti P. G., Tra coltivi e boschi negli ultimi due secoli, in I Colli Euganei, a cura di F. Selmin, Sommacampagna (VR),Cierre edizioni, 2005, p. 301.
L’introduzione dei bordolesi e la vicenda di Lispida
La malattia ha rappresentato uno spartiacque nella storia della viticoltura collinare, separando il regime antico del vino dalla storia attuale. Una frattura dalla quale i Colli si risollevano, dando avvio ad una nuova fase nel segno della sperimentazione e della specializzazione. Il nuovo arriva dai territori d’Oltralpe, ed è rappresentato dai vitigni francesi che nel 1850 partono alla conquista delle Venezie. Si diffondono largamente i Pinots della Borgogna e i bordolesi Cabernet franc, Cabernet Sauvignon, Merlot e Carmènere.
Sui Colli Euganei è il conte Augusto Corinaldi che, nella sua tenuta di Lispida, mette a dimora i vitigni a bacca rossa di origine francese, per attuare un progetto diretto alla fabbricazione in grande di un solo tipo di vino rosso da pasto di buona qualità atto all’esportazione. Vengono anche intrapresi studi per individuare i vitigni più idonei al terroir euganeo. Il personale della tenuta viene selezionato in base alle propensioni per le diverse funzioni e gli antichi patti di conduzione sono trasformati in salari.
Il Corinaldi si avvale, inoltre, di enologi stranieri, come il signor Lehner formatosi alla Scuola di Klosterneuburg (prima scuola viticolo-enologica del mondo), fatto venire in loco per ottenere vini in grado di concorrere nel mercato internazionale. Il fondo constava di 174 ettari, 90 dei quali destinati a vigneto specializzato, e lo stabilimento enologico fu dotato di una cantina sotterranea della capacità di 30.000 ettolitri, una delle più grandi del Veneto.
nel 1850: Montanari V., Vini pregiati delle Venezie in luce e in ombra, in “Atti dell’Accademia della Vite e del Vino”, Siena, II (1950), Parte II, p. 18.
enologi stranieri: Calò A. – Paronetto L. – Rorato G.P., Storia regionale della vite e del vino in Italia. Il Veneto, Milano 1996, p. 340.