Non si può certo parlare di antifascismo nel senso di resistenza consapevole negli ideale e nella militanza, in opposizione aperta alle imposizioni del partito e del governo. Possiamo però parlare, in un senso generico, certo limitato e parziale, di antifascismo nel senso di una tiepida e distante adesione agli ideali del regime, di una insofferenza alle consuetudini imposte, di uno aguardo ironico alle fedi e alle retoriche del regime.
E’ figlio di sua madre, non figlio della lupa!
Bisognava pagare le tessere, e allora cinque lire erano abbastanza, no, perché mi ricordo che era una bella spesa, insomma… quando si andava a fare la spesa, che allora non c’era frigorifero, non c’era… si andava quasi tutti i giorni a fare la spesa, non è come adesso […] e quindi, chi aveva tanti figli… Noi ci siamo trovati anche in tre – quattro alle elementari, contemporaneamente, no, i fratelli… e quindi, insomma, pagava quelle dei più grandi e cercava di scansare quelle dei più piccoli, no… e allora il maestro che di me aveva fiducia, mi voleva bene, sapeva che ero anche la più grande: ‘Camilla, guarda che devi dire al tuo papà che deve pagare la tessera: bisogna pagare la tessera’ e allora io, sai, che sapevo i commenti che mio papà avrebbe fatto a casa; non voleva… Mi ricordo una volta: ‘Papà, guarda che il maestro ha detto che dobbiamo pagare la tessera, perché Renzo non ha pagato la tessera. Dobbiamo pagare la tessera’. ‘Perché?’, dice lui. ‘Perché è figlio della lupa’, ‘Dì al maestro che è figlio di sua mamma, non figlio della lupa!’
Camilla 1924
Non si può parlare certo di antifascismo in questo caso ma possiamo annoverare in questo insieme, pre ideologico per così dire, anche la forma di scollamento che eventi come le leggi razziali e la condotta di guerra determinarono anche tra i più prossimi al regime (in questo caso la testimonianze riguarda il podestà Indri)
Ha dubitato dell’intelligenza di Mussolini …
Dopo… Mio padre stesso che era inquadrato in quell’ambito del fascismo, di quelle cose là… ha cominciato a subodorare che qualcosa non andava, soprattutto quando si è intromesso Hitler. E noi l’abbiamo sentito senza che lui ci parlasse… perché lui non ci parlava mai di politica in casa, assolutamente, ci faceva vivere e basta […]. E quando Hitler ha dato in escandescenze, che ha fatto quelle tragedie che ha fatto, mio padre ha dubitato dell’intelligenza di Mussolini, mi ricordo questa cosa perché ha detto: ‘Ma com’è possibile che una persona, nata in un ambiente italiano come era il nostro…’. Sì, per carità, ci sono anche qua tanti cattivi, non dico di no, però, insomma, non c’era questa mentalità così… distruttiva… Ha dubitato dell’intelligenza di Mussolini
Elvira 1930
Questo giudizio negativo riferito all’alleanza con i tedeschi sembra essere trasversale tra le diverse componenti sociali
Si sa che ha fatto lo sbaglio …
… si è messo d’accordo con i tedeschi, quello si sa, che ha fatto lo sbaglio, che c’era il re… è vero? Il re è andato da una parte… ecco, è capitato, sa, dopo certe cose del governo io non posso sapere…
Attilia 1928
La consapevolezza che qualcosa di grave era accaduto, qualcos di barbaro, qualcosa di contrario ad ogni umanità, arriva, come in un risveglio dal torpore di un’ideologia inculcata, con le notizie dei campi di concentramento
Si scopriva che qualcosa di barbarico era accaduto
dietro i comandi militari italiani c’erano i tedeschi con tutto quel che comportava… Un tipo di cultura tedesca… Sono venuti qui trattandoci da traditori e come truppe d’occupazione... e quindi la situazione diventava difficile… anche perché si veniva a sapere anche la costituzione, sia pure in maniera molto velata, di campi di concentramento e quindi di una ideologia che prima ci aveva un po’ ubriacati e poi invece si scopriva che era un fatto barbarico, insomma, oltre che un fatto antiumano. Quindi ogni giorno che passava la situazione si aggravava e si viveva sempre più in difficoltà, insomma, sia sul piano economico, sia sul piano della libertà, […] della convivenza, insomma, ecco”.
RB 1924
C’era poi l’antifascismo dei piccoli gesti quotidiani, dell’insofferenza… per la “cimice “ ad esempio
Ena tira fuori il cimice che devo andare …
Mio papà era contrario perché era antifascista, proprio apertamente, però… bisognava stare tanto attenti perché chi aveva l’attività specialmente, licenze, così… ti fregavano, vero… ti tagliavano proprio… Mi ricordo che quando… doveva portare sempre il distintivo dell’associazione commercianti fascista, come si chiamava… camera di commercio?, non so… e quando andava per il rinnovo delle licenze, mi ricordo ancora, mi pare di sentirlo, […] diceva a mia mamma: ‘Ena’, si chiama Elena, ‘tira fuori il cimice che devo andare…’. Il cimice era il distintivo che era fatto a forma di scudetto, di cimice, hai capito?
Camilla 1924
Anche perché anche una sola mezza parola di dissenso, magari appena pronunciata con gli amici poteva essere pericolosa.
… allora ho taciuto …
No, no, non veniva nessuno… C’erano i fascisti, cosiddetti… che erano i capi fascisti… che eravamo iscritti tutti, eravamo tutti fascisti, perché se si voleva mangiare allora bisognava essere fascisti. Non c’erano, capisce… Allora si portava il ‘cimice’: […] il ‘cimice’ era un distintivo con il fascio su, il famoso fascio. Insomma, se uno voleva essere impiegato eccetera, doveva essere iscritto, per forza. Ma io non sono mai stato… Ancora durante la gioventù, che allora quei tempi là si faceva il corso pre-militare… una volta si faceva il corso pre-militare: facendo il corso pre- militare si guadagnava tre mesi di… di ferma militare. Poi, se si doveva andare a militare a fare diciotto mesi, in quei tempi, no… e con il corso pre-militare si guadagnava tre mesi e se ne faceva quindici. Allora io andavo a fare questo corso pre-militare. Allora c’era il segretario politico nei comuni, […] in provincia c’era il federale… il federale e nei comuni c’era il segretario politico. Allora, siccome io non sono mai stato… non sono mai stato io… voler essere comandato da gente che magari ne sa meno di me ed ero piuttosto… piuttosto… con i ragazzi, così, parlavo, una storia e l’altra. Questo segretario politico è venuto a orecchio queste cose che io… che io con i ragazzi, insomma… Allora mi ha chiamato all’ordine: ‘stai attento, M.’ dice, ‘perché ho sentito…’ così e così, ‘che tu sei contrario al regime…’ e compagnia bella. ‘Ti mandiamo via, sai’. Allora ho taciuto.
Ugo 1914
C’era infine l’antifascismo dell’opportunismo di coloro che mal sopportavano di andare in guerra e allora l’unico modo di venirne fuori era di perdere la guerra.
Speriamo di perdere la guerra …
Allora stia attenta, l’intento del duce e di Hitler era di conquistare tutta l’Europa, sa, addirittura… e se riuscivano a conquistare tutta l’Europa, Mussolini il duce e Hitler, sa quanti militari dovevano stare per presidiare! Non si veniva più a casa. Allora ci auguravamo di perdere la guerra, noi, ha capito? Quello era il discorso, tutti: ‘Speriamo di perdere la guerra se no non andiamo più a casa, perché abbiamo fatto già tre, quattro o cinque anni, no…’”.
Ugo 1914
E infine quando era chiaro che tutto era perduto l’atteggiamento di molti era quello di tirarsi fuori e aspettare che gli eventi facessero il loro corso.
Per cosa andate a rompervi l’anima …
Ma per puro spirito umanitario, non perché volesse… non perché fosse contro ai partigiani ma perché era un pacifista, per cui diceva: ‘Ma per cosa andate a rompervi l’anima che fra poco passa tutto, senza bisogno...’. E comunque, siccome questo era venuto a dirgli che aveva fame o qualcosa del genere, gli ha dato dei soldi perché andasse via”.
Elvira 1930